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giovedì 22 ottobre 2015

LE RESPONSABILITA' DELLA COMUNITA' ITALIANA NEL CONTRASTO AL CRIMINE ORGANIZZATO

Lo stato è direttamente responsabile di un danno economico e sociale quando non sa contrastare efficacemente il potere delle lobbie criminali ponendo in atto le cautele indispensabili a prevenire qualsiasi interferenza dell’interesse personale nella gestione della cosa pubblica, con effetti devastanti quando questi interessi interferiscono nella gestione della pubblica sicurezza. L’argomento è di interesse impellente, urgente quanto la sicurezza nazionale perché lo strapotere delle lobbie in tutta Italia deriva dall’infezione della cultura criminale che devasta il meridione della nazione. Nell’ambiente della criminalità organizzata comunemente ed abitualmente le decisioni del boss influenzano il comportamento di tutto il clan ed influenzano il comportamento degli altri clan. Questa abitudine scaturisce nell’informazione preliminare che prevede di identificare chiunque venga a contatto con l’individuo criminale per la prima volta per clan di appartenenza ed area di influenza politica. Per questa ragione l’influenza del potere territoriale ed economico nell’apparato statale scaturisce al sud del paese come da nessuna altra parte in condizioni di forte disagio che portano a conseguenze tragiche. Per spiegare bene le condizioni di una vittima di tali atteggiamenti persecutori possiamo fare l’esempio tristemente noto dei figli di immigrati vittime della furia ceca dei propri genitori. Le nuove generazioni crescono in un ambiente diverso da quello dei propri genitori venendo a conoscenza delle tutele ai diritti dell’individuo che garantisce il modello della democrazia occidentale. Lo scontro tra la nuova cultura, cui la famiglia intera si avvicina per scelta, e il costume, la cui continuazione è imposta dalle frequentazioni ambientali e familiari dei genitori, diventa incomprensione ed infine violenza atroce. Il disagio psicologico può però provenire da uno scontro più esteso, dall’ambiente lavorativo per esempio, e le frustrazioni delle vittime di scontro ambientale giungono sui bambini inermi, incapaci di difendersi. Le cause dell’orrore appaiono identiche per la cultura retrograda del meridione ma la matrice malvagia che caratterizza la cultura violenta della criminalità organizzata può lasciare facilmente presupporre che le vittime della furia ceca ed improvvisa non siano sempre accidentali bensì causate premeditatamente dall’odio di persone che riescono a perseguitare le loro vittime nell’intimità del loro ambiente familiare. Le promesse della democrazia occidentale si scontrano disastrosamente con una cultura retrograda e criminale che al meridione la rinnega. L’odio razziale al meridione può scaturire in atteggiamenti persecutori che sono la causa nascosta delle stragi familiari nei piccoli nuclei di immigrati. La stessa sorte tocca nel meridione troppo spesso alle donne vittima di discriminazione. Per questa ragione è indispensabile allo scopo di prevenire altre vittime garantire che chiunque lavora per le istituzioni riesca ad operare nell’esclusivo interesse della società civile senza lasciarsi influenzare dai propri interessi personali o familiari che inevitabilmente degenerano nella discriminazione. La cultura criminale del meridione impone esattamente al contrario che l’impiegato statale, ad esempio, assunto per raccomandazione, esegua prioritariamente gli ordini della famiglia o del personaggio influente che lo ha raccomandato ed agisca secondo le regole rigide della cultura retrograda del meridione: criminale ormai non solo per una mia interpretazione personale ma perché apertamente e direttamente in contrasto con gli interessi della società civile e con le regole del diritto. La cultura criminale del meridione ha diversi aspetti in comune con il fondamentalismo islamico: la chiusura mentale rispetto alle influenze esterne, la considerazione della donna ma soprattutto drasticamente la violenza per imporsi. Pur sussistendo una posizione di scontro assoluto con la comunità internazionale e lo stato di diritto non esiste ancora oggi nel meridione italiano lo stesso impegno internazionale che esiste contro i fondamentalisti islamici in medio oriente perché, a parer mio, si sottovaluta la pericolosità della criminalità organizzata italiana della quale non si contano le vittime ed i danni economici e sociali in tutto il mondo. La forte discrepanza che inasprisce gli scontri etnici è generazionale ed è costituita dalle posizioni concettualmente opposte tra la libera determinazione dell’individuo nella società civile che promette la democrazia occidentale con il diritto di proprietà sulla persona fisica da parte dei genitori provenienti da culture retrograde che ancora oggi è tollerato fin troppo in tutto il mondo ed è esteso a tutto l’arco della vita dell’individuo per i meridionali italiani arrivando ad includere la comproprietà di tutto il clan. Del resto l’ingerenza degli interessi personali nella vita lavorativa e la discriminazione degli individui deboli non riguardano più il solo meridione italiano ma tutta la nazione. Potremmo dire che, mentre l’Italia fatica a penetrare nelle zone culturalmente impervie del meridione, la cultura criminale della criminalità organizzata ha pervaso l’intera nazione incominciando disastrosamente dalla vita politica del paese e usa la nazione come terreno di passaggio per il mondo intero. 

lunedì 19 ottobre 2015

L'INFEZIONE DELLO STATO E LE MALATTIE PSICHIATRICHE

La forte ingerenza del potere criminale scatenata dall’assenza di controllo sulla vita politica miete delle vittime ogni giorno nel paese causando una strage quotidiana che siamo abituati ad imputare all’errore umano e a perdonare. Questa strage deriva principalmente dalla immobilità degli organismi preposti al controllo e delle istituzioni in generale che sono paralizzate dall’ingerenza del potere criminale che si manifesta nel circuito delle raccomandazioni e impedisce all’intero apparato statale di muoversi a meno di un ordine sterno ad esso deciso impunemente contro gli interessi collettivi che può imporre un abuso come una azione omicida. Questo succede in Italia nel settore pubblico che finisce col fare gli interessi di pochi anziché esprimere le esigenze e le volontà popolari. Il settore più esposto alle critiche pubbliche è anche quello più drammaticamente pericoloso. Il settore della sanità al sud esprime tutto il disagio culturale etutti i problemi causati dalla cultura retrograda del meridione. La viltà impone di non contrariare la volontà dei potenti e di preferire la ritorsione bieca piuttosto della pretesa legittima delle proprie prerogative che consente la società civile. Il clima generale si manifesta in una inefficienza cronica della pubblica amministrazione che nel settore della sanità diventa un dramma. Non sono queste le uniche vittime della idolatria del potere, del sesso e del denaro in Italia ma sicuramente le più sentite perché uno stato che non si sa prendere cura della salute pubblica non ha ragione di esistere. La sanità è anche il settore che consente di nascondere più facilmente degli omicidi e i pentimenti all’interno dello staff medico sono rarissimi. I morti da dottore al meridione vengono talvolta imputati all’errore medico ma i morti giovani al sud rappresentano un dato statistico sempre più allarmante che dovrebbe indurre a creare una statistica separata rispetto al nord del paese. Per quieto vivere e per il desiderio di tranquillità scaturito da condizioni di vita difficili e stressanti spesso non si indaga eccessivamente sulle morti sospette evitando anche le conseguenze derivate da una curiosità legittima quando si ha davvero a che fare con l’incompetenza perché la curiosità legittima ti mette in contrasto con i gruppi di potere che hanno consentito l’assunzione ingiustificabile. Il settore della sanità al limite del controllo giuridico è quello delle malattie psichiatriche odiernamente gestite in strutture simili a comunità terapeutiche spesso definite casa famiglia con l’intento di dare una sistemazione adeguata a coloro i quali per un motivo o per un altro non possono avvalersi dell’appoggio dei familiari. Questo vale tanto per individui con spiccate tendenze autolesioniste quanto per persone anziane che non possono essere accudite in famiglia per esigenze economiche o miseramente per indisposizione personale dei familiari. I malati psichiatrici costituiscono un territorio limite tra quello legale e quello medico. Vivono in un diritto anomalo che non è riconosciuto dall’interesse statale e suscita quindi l’interesse di molte persone marginalmente connesse al campo che si possono affidare solo ai diritti del malato non sufficientemente redatti e avvalorati. Si fa affidamento in questo campo al buon cuore della gente che si trova sempre più raramente. Un malato psichiatrico dipende dalle decisioni dei propri familiari più stretti anche quando la malattia non è riconosciuta invalidante. Il malato dipende interamente dalle decisioni del medico che lo ha in cura che ne può decidere il trattamento farmaceutico come la libertà di deambulazione senza il preciso consenso personale. Questa approssimazione e mancanza di tutela rende i buoni intenti della medicina strumentalizzabili da malintenzionati con il potere della notorietà e dalla cattiveria della gente che nella cultura retrograda del meridione può essere la causa della malattia identificabile nell’ambiente più familiare della vittima senza che questa abbia la possibilità di difendersi dal danno subito se non c’è un interessamento terzo. Gli interessi economici delle cause farmaceutiche e la scarsa attenzione umana nei confronti del malato psichiatrico si traduce in un abuso del rimedio farmacologico. I farmaci psichiatrici hanno un effetto molto invasivo con conseguenze devastanti ed effetti collaterali che arrivano a causare la morte dell’individuo. Tutto questo considerato sarebbe opportuno prevederne l’uso solo ed esclusivamente nel caso di immediata necessità come si prevede ad esempio nel caso di un intervento di costrizione fisica e regolarne successivamente l’assunzione solo nella dose minima utile e per il periodo minimo necessario secondo il parere contestabile presso una commissione medica superiore con funzioni ispettive. L’erogazione di una ingente somma di fondi pubblici non corrisponde ad un adeguato attuale controllo ispettivo. Si rende necessaria la creazione della figura di un garante con potere decisionale immediato sia per il settore medico che una figura particolare apposita per il settore medico psichiatrico.

EDUCAZIONE NELLA FAMIGLIA CRIMINALE

La criminalità organizzata attua una negazione assoluta della società civile che si fonda sulla viltà d’animo. La viltà d’animo e la negazione della società civile saranno le basi della persuasione nella corruzione morale degli individui con i quali vengono a contatto e saranno le basi della diseducazione in famiglia. Fin da bambini i figli dei criminali avranno inculcata l’idea che non si può ottenere niente dalla società civile che è ostile e inadempiente se non attraverso il sotterfugio e la complicità criminale del clan, unico reale appoggio materiale sul quale il giovane individuo può contare se ha un comportamento conforme alle dure regole della depravazione morale imposte dal clan che si riserva il diritto di negare fino al cibo solitamente nel caso venga rifiutata una imposizione sessuale. I giovani criminali sviluppano un carattere remissivo ed aggressivo che li rende riconoscibili in tutti gli ambienti sociali. Fin dall’età scolastica e per tutta la durata della loro vita sono abituati ad ottenere il risultato educativo o professionale autorizzato dal clan con il sotterfugio o il furto intellettuale e con l’intervento complice della famiglia che giustifica ed elemosina o raccomanda a seconda del caso. Se l’interlocutore è un estraneo finirà nel raggiro della persuasione o chiederà una contropartita, se è una persona affine al clan è già loro complice e giustifica e nasconde gli errori del clan.
La negazione dei valori civici della criminalità organizzata si riflette pienamente nel ruolo della famiglia criminale. La famiglia è una vera e propria azienda criminale che non assume a concorso o a domanda ma gestisce gli individui nel proprio territorio come si gestisce il bestiame. Detti individui devono imparare l’obbedienza cieca al clan a costo di dure conseguenze che non tengono assolutamente conto della parentela dell’individuo intesa ordinariamente. Il legame familiare si misura in base al legame di complicità più stretto. Il ruolo della famiglia nella società civile è quello di garantire il corretto sviluppo fisico ed intellettivo dell’individuo in relazione alle influenze esterne ed è quello prioritario di fornire i mezzi adeguati proporzionali alle proprie possibilità per il completo sviluppo della personalità nella società civile. La criminalità organizzata limita la facoltà di agire, di movimento e in definitiva lo sviluppo sociale di chiunque venga a contatto con loro perché ogni azione socialmente utile costituisce un ostacolo con i loro affari e viene in contrasto con gli interessi criminali del clan. Le arti e le scienze sono vietate esattamente come qualsiasi altra propensione professionale fino a quando l’individuo non ha appreso il principio del parassitismo sociale, fino a quando cioè non ha imparato che per sopravvivere deve rubare del merito e delle risorse altrui. Nel diritto i genitori hanno degli obblighi nei confronti della prole necessari a garantire la salute psicofisica dell’individuo ad ogni età di sviluppo e consentirgli di svolgere il proprio ruolo sociale. Nella famiglia criminale sono i figli ad avere doveri ad iniziare da quello dell’obbedienza imposta addossandogli le proprie responsabilità ed attribuendo gli errori commessi dalla famiglia. In questa maniera vengono addestrati a fare lo stesso scaricabarile sul più debole o sulle persone virtuose per il sentimento di invidia profonda che sviluppano. Il criminale in associazione a delinquere è abituato come ogni altro criminale a vivere alla giornata ma riesce anche a rubare il futuro altrui e delle prossime generazioni per scaricare le proprie responsabilità. Per farlo trattiene i vincoli che riesce a creare attraverso i luoghi comuni della parentela e attraverso la complicità criminale che si basa sulla conoscenza reciproca dei vizi e dei crimini. Il criminale sta in guardia contro il talento e la disciplina e contro la passione per lo studio come un uomo di legge sta attento invece ai segnali di allarme contro il crimine. Incapace a qualsiasi mansione sta attento e sfrutta tutte le sue complicità per sapere del misfatto della virtù che infastidisce e la interrompe in ogni maniera per scoraggiarla e corrompere un nuovo individuo da legare al vincolo silenzioso della complicità criminale ma il motivo principale di preoccupazione è il fatto che il sano e il virtuoso comportamento può scatenare i sospetti su un comportamento contrario. Vivere onestamente è contagioso e scatena perfino l’invidia del criminale che in ansia di essere giudicato per la paura di ammettere i propri errori impedirà la socialità attiva e l’impegno civico in ogni maniera. La famiglia criminale si impegna a creare la dipendenza per l’agiatezza e per il vizio e si impegna in una ritorsione sempre più aspra e vile per impedire ogni tentativo di fuga o accorgersene il prima possibile. Non esiste l’affettività in una famiglia criminale. La parentela è un alibi per ritorsioni più infide e peggiori mentre i sistemi persecutori ai quali si allenano in famiglia e che infine diventeranno il simbolo distintivo del nuovo affiliato presentato all’ambiente criminale con più orgoglio quanto più miserabile e vigliacco è stata l’azione criminale che ha compiuto. Il linguaggio ingannevole quanto sconcertante il loro comportamento. Dire che le nuove generazioni o gli estranei si comportano bene con il clan vuol dire che sono legati a un vincolo di complicità profonda e non intendono infrangerlo. Ciò li rende ricattabili in caso di tradimento.

domenica 18 ottobre 2015

ANALISI REALE SUL SETTORE DEVIATO DELLO STATO

Quello che sta accadendo nelle forze dell’ordine è esattamente ciò a cui siamo perfettamente abituati nel meridione italiano. La verità al meridione non ha alcun valore mentre hanno valore le complicità criminali che legano gli individui tra di loro per una questione culturale che va indagata nel profondo. La cultura degenerata del meridione impone di perseguire la propria utilità con il sotterfugio e la prevaricazione prevedendo il minimo rischio possibile per la propria incolumità sia quando questa è minacciata da un'altra famiglia criminale sia quando è minacciata dalla giustizia. Proprio cercando la protezione e la complicità ad ogni livello istituzionale avviene l’infezione di questa mentalità criminale che presuppone la società umana e il singolo essere umano come elemento negativo sempre di intralcio all’autorealizzazione che può quindi avvenire solo con metodi criminali. I criminali cercano un posto nelle forze dell’ordine per imporre il proprio interesse personale e tutelare gli affari della propria famiglia a discapito degli altri, primi fra tutti a discapito delle persone oneste. Lo ottengono per mezzo della raccomandazione e in un circolo vizioso sabotando gli intenti delle persone oneste che senza appoggio criminale tentano di ottenere l’ambito posto di lavoro. Questo sabotaggio continua anche una volta assunti ed avviene meccanicamente attraverso metodiche ben precise tese ad affermare la loro cultura, in aperto contrasto con la società civile. La sfida dei criminali in Italia in ogni luogo è apertamente quella di dimostrare che la società umana e lo stato di diritto sono fallimentari e lo fanno affermandosi contro ogni logica parassitando l’impegno altrui, imponendosi in ogni modo e in ogni luogo come unica alternativa. Per loro lo stato è solo uno strumento di vessazione. Realmente non comprendono il valore della giustizia perché abituati per cultura ad ottenere ciò che vogliono contro ogni altra regola. Il risultato è il sabotaggio continuo del lavoro delle forze dell’ordine. Dobbiamo amaramente constatare che ormai è questa la posizione preponderante nello stato italiano che scivola velocemente verso l’anarchia assoluta. Le persone per bene in mezzo ad una disputa si limitano alla degenerazione culturale del farsi i fatti propri, il principio essenziale della mentalità criminale, perché tutti sono colpevoli di qualcosa se divengono oggetto di discriminazione. La discriminazione in un ambiente malato viene pagata dalle persone virtuose che diventano vittima di critica e di persecuzione proprio per dimostrargli che il male è l’unica soluzione e renderli succubi della società criminale che si articola ormai ad ogni rango sociale. La maggiore difficoltà per ostacolare questo colpo di stato è dovuta ai complici altolocati insospettabili di questa logica perversa ed alla accentuata ramificazione all’interno dello stato che ci rende bersaglio di ogni tipo di pericolo ad iniziare dal pericolo dell’inefficacia totale dei mezzi di prevenzione conto il pericolo terrorista che gli altri stati occidentali hanno mentre noi non riusciamo ad identificare i terroristi dopo decine di anni dagli attentati. Siamo in balia del terrorismo politico che si afferma attraverso le lobbie di potere senza più la necessità di colpire in maniera eclatante sul territorio nazionale. Da tempo la politica nazionale ha firmato la resa ai metodi criminali di assegnazione dei posti di lavoro, anche di quelli indispensabili ed urgenti come i funzionari di pubblica sicurezza. Nascondendosi facilmente dietro l’immagine ovviamente positiva del funzionario dell’ordine pubblico ottengono lo scopo di colpire i loro bersagli semplicemente diffamandoli o di coprire il loro complici esterni semplicemente informandoli per tempo dei pericoli ma soprattutto ottengono lo scopo di sfiduciare i cittadini nelle istituzioni facendoli rassegnare all’orribile dittatura del male che non ha bisogno di emissari in vista ma più facilmente si nasconde all’ombra delle personalità di spicco per la viltà spirituale che contraddistingue la loro cultura degenerata. Questo paese ha perso la fede nell’uomo. La prima è più urgente riforma da effettuare per prevenire le infiltrazioni criminali è quella delle forze dell’ordine. Nascondere questa realtà è una grossa complicità criminale motivata dalla vigliaccheria.

LO STUPRO E LA FRUSTRAZIONE CRIMINALE

Lo stupro è un problema che riguarda l’intera società civile e non esclusivamente la donna perché il rapporto tra sessi ha un ruolo fondamentale nella spinta evolutiva di tutti gli esseri viventi. Questa verità naturale conferisce alla donna un ruolo chiave nella società civile che paga il suo prezzo pesantemente quando la donna vittima di violenza influenza negativamente l’ambiente in cui vive ad iniziare dall’ambiente familiare e concludendo con l’ambiente professionale del quale la donna ha sempre fatto parte integrante e dove solo oggi vede il suo ruolo per una esigenza organizzativa proporzionale alla crescente individualità dei singoli nella collettività. La donna vittima di violenza che non vede soddisfatta l’offesa subita dalla giustizia sviluppa un carattere socialmente negativo che tramanda alla prole e sarà peggiore in proporzione alle costrizioni al silenzio imposte. I criminali meridionali conoscono bene questo effetto e ne strumentalizzano le conseguenze facendo diventare lo stupro una forma disumana di diseducazione. La donna o l’uomo vittime di imposizione sessuale stroncheranno le loro ambizioni sociali che naturalmente determina la selezione sessuale. La libera scelta sessuale pone la differenza tra l’uomo e le bestie in schiavitù e rappresenta ancora il segno della civiltà che stenta ad arrivare in ogni parte del mondo. L’uomo virtuoso di fronte alle conseguenze psicologicamente distruttive dello stupro che manifesta la vittima subirà esso stesso un danno morale che si ripercuote nella sua vita affettiva e professionale come ulteriore segnale di allarme che avverte della necessità sociale ed umana urgente di porre rimedio ad una piaga di ingenti conseguenze e di crescente diffusione a causa degli stimoli negativi dell’imposizione del libertinaggio sessuale e della carenza di modelli positivi. Succede ad esempio al partner della vittima che generalmente non si considera soddisfatto neanche quando il crimine è riconosciuto e perseguito dalla legge. Nella donna non doverosamente supportata dalla società civile le conseguenze psicologiche dello stupro degenerano fino al lesbismo e all’odio per l’altro sesso. D'altronde il carattere dello stupratore dimostra una omosessualità latente e un profondo senso dell’odio: la frustrazione sessuale di un carattere socialmente negativo li spinge ad odiare l’umanità stessa e quindi i suoi comportamenti naturali. L’omosessualità palesa pure l’intenzione distruttiva per il genere umano. La violenza sessuale è un problema antico quanto il male e probabilmente lo incarna fino ad identificarlo. Perfino nelle regole antiquate imposte da Mosè alle tribù ebraiche lo stupro veniva contrapposto ad un comportamento sano ancora tramandato dalla bibbia, misconosciuto da molti cristiani nella misura della loro fede, ed era prevista la morte come punizione in alternativa alla responsabilità matrimoniale quando la donna aveva pochi diritti oltre a quelli del bestiame. Da allora sono stati fatti pochissimi e recentissimi passi avanti per riconoscere la dignità dell’individuo nei rapporti sessuali ma troppi passi indietro nelle abitudini sessuali della popolazione occidentale da imputarsi probabilmente alle icone del consumismo sfrenato che impone l’abuso delle libertà conquistate dal progresso sociale e l’irresponsabilità collettiva. Un considerevole ulteriore progresso potrebbe essere costituito dalla possibilità da parte della donna di riconoscere il proprio stupratore in tribunale una volta accertato il rapporto sessuale da parte del professionista medico o riconosciuto dal criminale stesso in tribunale. Oggi invece la donna vittima di stupro al contrario della vittima di ogni altro reato si trova, già difficilmente denunciato il crimine, di fronte a molte altre difficoltà che alcune donne paragonano ad un ennesimo stupro da parte dell’autorità che necessita di provare oltre al fatto la dimostrata contrarietà della donna con grande invasività medica ed investigativa. L’ importanza e la diffusione del crimine giustificano invece un impegno più efficace a costo di prevedere qualche errore giudiziario comunque inevitabile a danno di uomini ingiustamente accusati che, dopo tanti anni di esperienza opposta, si potrebbero così responsabilizzare sulla loro scelta sessuale e sul loro atteggiamento sessuale. Questo progresso potrebbe però oggi essere determinato solo da una profonda rivoluzione sociale che riconosce il problema collettivo e l’esigenza immediata di porvi rimedio creando delle garanzie sul diritto di libera scelta sessuale. 

venerdì 16 ottobre 2015

BULLYING EDUCATES NEW GENERATIONS OF CRIMINALS. IL BULLISMO EDUCA NUOVE GENERAZIONI DI CRIMINALI

In English at beginning, in fondo in italiano.

The problems of the southern italian students are not at all different from the problems of the population. In the school environment all the social hardships and cultural deviations present in the external environment are reflected, but for good reason we should demand a more accurate monitoring of the new generations aimed at combating the cultural problems present in the territory of interest. This demonstrates the need to decentralize as much as possible the management of the education sector to be able to recognize, prevent and counteract situations of teaching difficulties that also reflect the contrast on the territory with public needs but shows us above all a lack of knowledge of these contrasts that a greater attention towards the new generations could avoid. Unfortunately, the social and cultural contrasts with public needs are also measured according to the adaptation of the teachers to the socio-cultural environment that determines them. Ultimately, the guarantee of the interests of the teacher according to his public function ensures effective penetration in the territory that can satisfy even the needs of prevention in the field of public safety. The demonstration of contemporary needs between the professional teaching environment and the educational environment remains in topics such as bullying and drugs. The bullying in the south is not simply the act of abuse of the bully boy for education but a system of diseducation of the new generations to the logic of criminal power in which the bully can also have a thin and embarrassed appearance. While the state plans a school education system, in those same environments among young people, precocious teachers commit themselves to inculcate opposing values ​​and make recognize the systems of control of organized crime that will follow them throughout their lives and that will really impose their decisions to individual since very young. The character of organized crime is fully reflected among young students and imposes cowardice and subterfuge as rules of obedience. The young offenders will not be scrupulous to act subtly in a numerical majority and away from the complicity of their own and acquired in the family that define friendships. The important thing is to avoid the consequences of this environment for the boy of good education that forced to defend himself will be criminalized until he assimilates the criminal culture. The episodes of violence must always be condemned and prevented by demonstrating the vigilant presence of the educator but above all it is necessary to know how to distinguish well between the virtuous and the dishonest. It is a hard test for the educator who has to do with the young age and the sense of tenderness that inspires even when he lives in a degraded environment and that is used by young bullies to art. What happens between school desks is always the mirror of family education. In the South, the culture of civil society is at a disadvantage compared to the more profitable cult of ignorance and an army of social workers would be needed to carry out an urgent task. Even in the face of the scourge of drugs, the education sector proves to be impotent and an obstacle to the public security function, justifying illicit behavior with the excuse of the state's passivity for the quiet living with the family members of the deviant that justify their behavior and sometimes they encourage him as a system of uneducation to the silence of omerta and criminal complicity. Hardly the guilty ones of the deseducation will admit their responsibilities because they themselves are promoters of a criminal culture. In the south we need an evangelization of the common good starting from adults and first of all those who are responsible for being professional educators while already throughout Italy we pay the price of the infection of the historically southern cult of evil.

I problemi degli studenti meridionali non sono per nulla differenti dai problemi della popolazione. Nell’ambiente scolastico si riflettono tutti i disagi sociali e le devianze culturali presenti nell’ambiente esterno ma a buona ragione dovremmo pretendere una sorveglianza più accurata sulle nuove generazioni finalizzata proprio a contrastare i problemi culturali presenti nel territorio di interesse. Questo dimostra la necessità di decentrare quanto più possibile la gestione del settore dell’istruzione per riuscire a riconoscere, prevenire e contrastare le situazioni di difficoltà di insegnamento che riflettono anche il contrasto sul territorio con le esigenze pubbliche ma ci dimostra soprattutto una carenza nella conoscenza di questi contrasti che una maggiore attenzione nei confronti delle nuove generazioni potrebbe evitare. I contrasti sociali e culturali con le esigenze pubbliche si misurano anche purtroppo in base all’adattamento degli insegnati all’ambiente socio-culturale che li determina. In via definitiva la garanzia degli interessi dell’insegnate in funzione della sua funzione pubblica garantisce una penetrazione efficace nel territorio in grado di soddisfare persino le esigenze di prevenzione in campo di pubblica sicurezza. La dimostrazione di esigenze contemporanee tra l’ambiente professionale docente e l’ambiente educativo rimane in argomenti quali il bullismo e la droga. Il bullismo al sud non è semplicemente l’atto di prevaricazione del ragazzo prepotente per educazione ma un sistema di diseducazione delle nuove generazioni alle logiche di potere criminale in cui il bullo può avere anche un aspetto mingherlino e impacciato. Mentre lo stato pianifica un sistema di istruzione scolastica, in quegli stessi ambienti tra i ragazzi, insegnanti precoci si impegnano per inculcare valori opposti e fanno riconoscere i sistemi di controllo della criminalità organizzata che li seguiranno tutta la vita e che imporrà realmente le sue decisioni all’individuo fin da giovanissimo. Il carattere della criminalità organizzata si riflette pienamente tra i giovani studenti e impone la viltà e il sotterfugio come regole di obbedienza. I giovani prevaricatori non si faranno scrupoli ad agire subdolamente in maggioranza numerica ed al riparo delle complicità proprie ed acquisite in famiglia che definiscono amicizie. L’importante è evitare le conseguenze di questo ambiente per il ragazzo di buona educazione che costretto a difendersi sarà criminalizzato fino a quando non assimila la cultura criminale. Gli episodi di violenza vanno sempre condannati e prevenuti dimostrando la presenza vigile dell’educatore ma soprattutto è necessario sapere distinguere bene tra il virtuoso e il disonesto. Si tratta di una dura prova per l’educatore che ha a che fare con la giovane età ed il senso di tenerezza che ispira anche quando vive in un ambiente degradato e che è usato dai giovani bulli ad arte. Quello che succede tra i banchi scolastici è sempre lo specchio dell’educazione familiare. Al sud la cultura della società civile è in posizione di svantaggio rispetto al più proficuo culto dell’ignoranza e sarebbe necessario un esercito di assistenti sociali per svolgere un compito urgente. Perfino di fronte alla piaga della droga il settore dell’istruzione si dimostra impotente e di ostacolo rispetto alla funzione di pubblica sicurezza giustificando comportamenti illeciti con la scusa della passività dello stato per il quieto vivere con i familiari del deviato che ne giustificano il comportamento e talvolta lo incoraggiano come sistema di diseducazione al silenzio dell’omertà e della complicità criminale. Difficilmente i colpevoli della diseducazione ammetteranno le loro responsabilità perché essi stessi fautori di una cultura criminale. Al meridione c’è bisogno di una evangelizzazione al bene comune ad iniziare dagli adulti e per primi da coloro che sono responsabili di essere educatori professionali mentre già in tutta Italia paghiamo il prezzo dell’infezione del culto del male storicamente meridionale.

lunedì 7 settembre 2015

SOCIETA' CRIMINALE

Il culto del male che da sempre imperversa nel meridione della penisola italiana è in grado di agglomerare tutti i difetti degli animi umani e gli istinti criminali. La criminalità organizzata sviluppa molto più di un istinto criminale motivato da una frustrazione emotiva costante o immediata. La criminalità organizzata sviluppa la tendenza costante ad un atteggiamento criminale motivata dal disprezzo per l’umanità e dal disprezzo perciò di se stessi. E’ una verità ormai riconosciuta dalla filosofia orientale come dalle teorie di Darwin che l’evoluzione avviene con la dispute del bene contro il male, della vita contro la malattia. Questo avviene per ogni singolo individuo ma avviene anche all’interno della società civile dove la criminalità organizzata si sviluppa e costantemente tende ad assumere la forma di società criminale. Si tratta il crimine di parassitismo degli individui sani e la criminalità organizzata di parassitismo della sana società civile. Incrociamo le teorie apocalittiche religiose dell’apocalisse della Bibbia quando sosteniamo che prima o poi il male prevarrà sul bene. San Giovanni parla già duemila anni fa della “Organizzazione del male” che dara la fine e forse un nuovo inizio. Il crimine nasce dalla convinzione che l’individuo non può far valere le sue ragioni con i mezzi del dialogo e della civiltà persino quando questo crimine è motivato da una situazione impellente di pericolo di vita e giustificato quindi dalla esigenza della legittima difesa che la società civile giustifica ed assolve. Il principio della legittima difesa pone rimedio alla sconfitta degli schemi di pubblica sicurezza durante le tre fasi di prevenzione, controllo e contenimento del crimine. La criminalità organizzata presuppone che l’individuo è perdente comunque con i sistemi della società civile e tramandando questa convinzione tramanda se stessa alle nuove generazioni e agglomera e strumentalizza gli istinti negativi di tutta l’umanità con la quale viene in contatto. Indagando questa predisposizione i criminali riescono meglio di chiunque a scoprire di chi si possono fidare e fino a che punto, contrastando la naturale predisposizione umana al merito riescono invece ad interagire ed infettare la società civile dentro la quale si nascondono e si nutrono come parassiti imprevedibilmente ed a tutti i livelli.
Le regole per i criminali sono semplici e generalmente si tramandano oralmente probabilmente fin dal principio dell’umanità. Attraverso la regola ferrea e neanche pronunciata della prevaricazione riescono ad inculcare valori opposti a quanto essi stessi con la propria voce dicono o con le proprie mani scrivono. In questa maniera riescono a tramandare e ad infettare più che una regola, una predisposizione psicologica, come perfetta antitesi noi diciamo che una opera o un gesto valgono più di mille parole. La prima regola pronunciata è “Preoccupati solo dei tuoi problemi” detto generalmente in maniera volgare, questo pone la prevaricazione come qualcosa che vale molto più di una regola esattamente come all’antitesi la religione cristiana e un po’ tutte le religione positiviste pongono il buon agire come predisposizione innata e la difendono contrastando l’idolatria. “Non avrai altro Dio all’infuori di me” recita il primo comandamento delle tavole di Mosè. La religione è la contrapposizione naturale della società criminale che sfida l’innata predisposizione dell’uomo ad agire a fin di bene in maniera consona ai principi morali, primo tra tutti il coraggio di difendere il valore delle proprie azioni in maniera leale. Per questa ragione considero auspicabile un maggiore peso dei valori morali nei governi nazionali e nelle organizzazioni internazionali. La prima regola pronunciata pone l’egocentrismo criminale come stile di vita, ne consegue che i criminali abituali sanno di non potersi fidare gli uni degli altri altrimenti di un legame di complicità. Questo atteggiamento viene inculcato fin dalla educazione familiare. I fratelli o i figli o le madri o le sorelle vengono abituati al peccato e poi edotti del fatto che la sola maniera di vivere considerato il peccato come normale condizione di vita sia la salvaguardia delle apparenze contrarie, prima tra tutte la familiarità consanguinea. La perdizione e la prostituzione morale sono l’infezione che diffonde la criminalità organizzata. La società dell’odio non risparmia la vita familiare dove si vive per abitudine di prevaricazione e preoccupati di piccolezze materiali, l’ignoranza è la conseguenza immediata di una vita di bugie e futilità. Un piccolo gesto di solidarietà o una piccola verità vengono subito percepiti come una sfida alla società criminale e repressi in ogni modo. Persino aver mancato l’occasione di reprimere un istinto positivo può essere causa di piccole ritorsioni. Nessuno è padrone di se stesso ma ognuno è soggetto di prevaricazione e vive la soggezione al male che esso stesso ha deciso. Per questa ragione il pentimento alla giustizia o la redenzione sono sfide difficili o impossibile che lasciano solo da deceduti ma non per questo meno entusiasmanti. La gerarchia criminale è mutevole ma molto rigida e consente di decidere in tutto e per tutto delle sorti di un individuo meno potente fino al punto da manifestarsi come una sorta di trasfigurazione che consente di decidere addirittura cosa l’individuo meno potente debba dire o abbia detto. Questo rende il diritto di replica indispensabile sia a livello individuale che per la comunicazione tramite i mass-media nella lotta e il contrasto alla criminalità organizzata. Il secondo comandamento recita “Devi saperti regolare dei tuoi limiti”. E’ un ulteriore chiarimento del fatto che chiunque sbaglia con una persona più potente o tradisce pagherà la vendetta di tutta la società criminale. Persino nella stessa famiglia una persona che non si sia voluta assoggettare ad un criminale di reputazione superiore pagherà con la morte perché i criminali abituali non vogliono problemi. Il terzo comandamento è “Devi avere una famiglia” cioè devi saper salvaguardare le apparenze e guadagnarti in ogni modo la complicità dei tuoi familiari. Il quarto comandamento è “Devi avere una raccomandazione per trovare un posto di lavoro” e serve a salvaguardare lo strapotere criminale nelle istituzioni. Il quinto comandamento è “Devi farti degli amici” e cioè guadagnarti delle complicità anche al di fuori della cerchia familiare per gestire i tuoi affari. Questo degenera generalmente nelle lobby di potere della politica che in Italia e forse in tutto il mondo possono essere considerate organizzazioni terroriste ed hanno in questo paese compiuto diverse stragi. L’abitudine alla prevaricazione al livello della politica degenera nel terrorismo. Il sesto e ultimo comandamento è “Devi comportarti bene” vale a dire saper salvaguardare le apparenze e agire in maniera vile facendosi scudo di falsi buoni propositi per conseguire i propri lerci scopi. Questo comandamento rappresenta la sfida morale alla società civile e alle autorità religiose. La loro ostinazione nel male riesce ad ammutolire qualsiasi tentativo di critica.

La metafora più utile per spiegare la criminalità organizzata e la sua iterazione con la società civile è quella dello specchio. Da questa parte dello specchio c’è la società civile e dall’altra la sua caricatura determinata dal presupposto della prevaricazione come negazione della prima che viene in questa maniera parassitata. Una sottile linea poco al di là dello specchio delimita l’immoralità e poi sette livelli: Il settore agrario, il settore industriale, il settore commerciale, il livello istituzionale e delle forze armate, il livello della politica, il livello religioso e l’ultimo livello della bestialità fine a se stessa che si contrappone alla solidarietà tra esseri umani. Le due società camminano parallele su due scale affiancate che si scontrano sulla superficie della realtà.