Per approcciare allo studio della criminalità organizzata di
modello italiano è più facile e veritiero considerarla come un'unica
organizzazione terroristica piuttosto che delle singole famiglie o cosche
interagenti tra di loro. Infatti pur essendo dislocate sul territorio nazionale
ed ormai in tutto il mondo come delle singole cellule esse fanno capo ad una
unica filosofia criminale che andiamo per definire “il culto del male” in grado
di agglomerare e strumentalizzare tutto ciò che di negativo esiste su questa
terra e tutto ciò che di negativo può congegnare l’animo umano. In Italia oggi
esiste una immensa organizzazione terroristica che come un cancro rischia di
uccidere l’organismo sano portatore, lo stato di diritto. Essa si avvale non
solo dei numerosi clan e delle cosche criminali ma di una intera cultura
criminale che a vari livelli infetta tutto il territorio criminale ed è in
esponenziale espansione. Le stragi nelle quali sono rimasti vittima tra gli
altri il giudice Falcone ed il giudice Borsellino sono forse stata opera di
poche mani assassine ma i complici omertosi sono stati milioni. Da quelle
stragi hanno tratto giovamento tutte le persone che non riconoscono l’autorità
dello stato di diritto sul territorio nazionale. Quelle stragi hanno infine
comportato una svolta politica che ha portato al potere sia a destra che a
sinistra nella politica italiana una unica oligarchia complice dei giochi di
potere e dei meccanismi delle lobby e quindi complice della criminalità
organizzata.
Il giudice Falcone sapeva almeno da cinque anni prima di
essere in pericolo di vita e quindi prendeva tutte le precauzioni necessarie ad
evitare situazioni di pericolo compresa quella di evitare percorsi troppo
risaputi o troppo facilmente prevedibili come le strade di scorrimento veloce.
Anche dopo il termine dei lavori di ammodernamento della tangenziale per tre
mesi il giudice Falcone evita quel percorso fino alla mattina fatale quando per
recarsi in procura il giudice viene sballottato e gli viene messa fretta. Per
cercare un filone proficuo alla ricerca di un mandante fisico della strage di
Capaci dobbiamo incominciare da qui. Da troppo tempo i limiti di definizioni di
stato non sono una garanzia di affidabilità. La semplice e geniale intuizione
di seguire i movimenti di capitale per risalire ai singoli affiliati aveva dato
fastidio a molti al sud dove si viveva di sovvenzioni già da venti anni prima.
Per una intera popolazione criminale che traeva profitto di guadagni illeciti o
che semplicemente vedeva questa come unica prospettiva vincente perché culturalmente
affetti dal degrado ambientale del sud i giudici erano personaggi scomodi e
deprecabili come per delle persone oneste all’opposto un rapinatore o un
truffatore sono persone deprecabili. La morsa è una metafora ricorrente nella
criminalità organizzata: mentre qualcuno preparava l’attentato dall’altra parte
gli altri si davano da fare per fare in modo che il giudice scegliesse il
percorso fatale. Una intera popolazione criminale sapeva in anticipo cosa
sarebbe successo compresi coloro che sono riusciti a penetrare in ambiente di
stato perché è il posto più comodo per accaparrarsi le informazioni utili a
prevenire problemi al proprio clan e alla propria cosca. Forse non tutti lo
sapevano esattamente perché in ambiente criminale si eseguono gli ordini dei
personaggi di reputazione criminale peggiore ciecamente come una pecora segue
il bastone del pastore. In questa maniera la strada quel giorno in un ora di
punta era pressoché deserta. Per l’attentato è stato usato tritolo per tre volte rispetto
alla quantità necessaria a penetrare un blindato. Gli attentatori non potevano
essere sicuri di quale corsia avrebbe percorso l’auto del giudice ma volevano
essere sicuri di colpirla. Il tritolo è stato posizionato sicuramente durante i
lavori di stesura del manto stradale sotto gli occhi di tutti. Attorno al luogo
dell’attentato ci sono diversi edifici residenziali. Da uno degli appartamenti
sicuramente è stato premuto il radiocomando che ha causato la detonazione. Sono
stati interrogati tutti gli abitanti della zona senza alcun risultato. Qualcuno
ha riferito di aver visto che veniva sotterrata una cassetta metallica in quel
punto durante i lavori ma che non aveva pensato a del tritolo. Sono stati
interrogati tutti gli operai della azienda di costruzione compreso il titolare
ma senza esito. La azienda di costruzioni ha continuato a lavorare indisturbata
per diversi anni anche se il titolare ha ammesso di aver assunto in nero per un
appalto statale e quindi non era in grado di risalire a tutti gli uomini
presenti sul posto di lavoro al momento della stesura del manto stradale. Gli
inquirenti hanno stabilito un probabile percorso di provenienza del tritolo
dalla Calabria orientale e questo proverebbe ulteriormente una collaborazione
storica tra ‘ndrangheta e mafia già teorizzata fina dagli anni ottanta.
Lo stesso percorso sembra aver seguito il tritolo destinato
alla strage in cui è rimasto vittima il giudice Borsellino con i suoi agenti di
scorta. Probabilmente questo tritolo è rimasto in Palermo o zone limitrofe per
i due mesi circa intercorsi tra i due attentati. Neanche un cane addestrato per
gli esplosivi è stato impiegato in tutto questo tempo nonostante a maggior
ragione il giudice Borsellino sapesse di quello che lo aspettava. Anche il
giudice Borsellino era attento al percorso specialmente durante il suo percorso
abituale quando domenica ogni tanto andava a trovare sua madre in un quartiere
residenziale di Palermo. Il quartiere vicino al castello era costituito di strade
regolari, di forma squadrata, che il giudice decideva bene di percorrere in
maniera sempre diversa senza percorsi abituali fino al giorno che il tritolo è
stato posizionato di fronte al cancelletto di ingresso della abitazione della
madre del giudice. Anche in questo caso il giudice sapeva di essere ad
altissimo rischio ed anche in questo caso decide di saltare la visita per
diverse domeniche consecutive, credo 5 domeniche, fino a quando non riceve una
telefonata dalla madre allarmata per il trattamento che subiva dentro la sua
stessa città. Il giudice decide di correre il rischio che si rivela un errore
fatale.
Il mandante occulto è una figura ricorrente nella
criminalità organizzata in quanto fa parte della cultura degenerata sulla quale
si appoggia. Questa prevede una assoluta viltà di agire che determina
l’abitudine ad addossare le proprie responsabilità ad individui di reputazione
criminale inferiore e quindi soggetti ad un vincolo di complicità generalmente
attraverso il ricatto. Il mandante occulto non è un fantasma da cercare nel
segreto di una campagna ma una persona di depravazione morale in grado di
ottenere la complicità delle famiglie criminali per ottenere una posizione di
spicco nella società come i politici corrotti ottengono dei posti consiliari o
parlamentari con il voto di scambio. Quella della criminalità organizzata è una
sfida morale alla società civile e questo comporta che l’individuo di spicco
non è solo quello dalla profonda perversione morale ma anche quello che riesce
ad ottenere risultati di potere o economici con il minimo spreco di immagine
possibile. L’immagine è anzi fondamentale perché serve a mascherare i propri
lerci scopi e questo rende impari la lotta alla criminalità organizzata che
affonda le sue radici in questa cultura profondamente depravata. Tutto ciò
rende la caccia al mandante occulto molto difficoltosa ma al tempo stesso crea una
pista sicura basandoci sulla viltà assoluta di questa figura. Se non vuole
essere in nessuna maniera coinvolta in una indagine di polizia il mandante
occulto sarà anche la persona che più assiduamente cercherà delle informazioni
che lo riguardano in tutti gli ambienti. La mentalità criminale si sintetizza
in un motto famoso tra i criminali “Il posto più buio è sempre sotto la luce della candela".
L'ascesa criminale in Italia è culminata con il colpo di stato di Renzi sostenuto dal circuito delle lobby, dai settori deviati dello stato e quindi dalla criminalità organizzata. Oggi i criminali fanno festa e si fanno seppellire da eroi.
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