giovedì 22 ottobre 2015

LE RESPONSABILITA' DELLA COMUNITA' ITALIANA NEL CONTRASTO AL CRIMINE ORGANIZZATO

Lo stato è direttamente responsabile di un danno economico e sociale quando non sa contrastare efficacemente il potere delle lobbie criminali ponendo in atto le cautele indispensabili a prevenire qualsiasi interferenza dell’interesse personale nella gestione della cosa pubblica, con effetti devastanti quando questi interessi interferiscono nella gestione della pubblica sicurezza. L’argomento è di interesse impellente, urgente quanto la sicurezza nazionale perché lo strapotere delle lobbie in tutta Italia deriva dall’infezione della cultura criminale che devasta il meridione della nazione. Nell’ambiente della criminalità organizzata comunemente ed abitualmente le decisioni del boss influenzano il comportamento di tutto il clan ed influenzano il comportamento degli altri clan. Questa abitudine scaturisce nell’informazione preliminare che prevede di identificare chiunque venga a contatto con l’individuo criminale per la prima volta per clan di appartenenza ed area di influenza politica. Per questa ragione l’influenza del potere territoriale ed economico nell’apparato statale scaturisce al sud del paese come da nessuna altra parte in condizioni di forte disagio che portano a conseguenze tragiche. Per spiegare bene le condizioni di una vittima di tali atteggiamenti persecutori possiamo fare l’esempio tristemente noto dei figli di immigrati vittime della furia ceca dei propri genitori. Le nuove generazioni crescono in un ambiente diverso da quello dei propri genitori venendo a conoscenza delle tutele ai diritti dell’individuo che garantisce il modello della democrazia occidentale. Lo scontro tra la nuova cultura, cui la famiglia intera si avvicina per scelta, e il costume, la cui continuazione è imposta dalle frequentazioni ambientali e familiari dei genitori, diventa incomprensione ed infine violenza atroce. Il disagio psicologico può però provenire da uno scontro più esteso, dall’ambiente lavorativo per esempio, e le frustrazioni delle vittime di scontro ambientale giungono sui bambini inermi, incapaci di difendersi. Le cause dell’orrore appaiono identiche per la cultura retrograda del meridione ma la matrice malvagia che caratterizza la cultura violenta della criminalità organizzata può lasciare facilmente presupporre che le vittime della furia ceca ed improvvisa non siano sempre accidentali bensì causate premeditatamente dall’odio di persone che riescono a perseguitare le loro vittime nell’intimità del loro ambiente familiare. Le promesse della democrazia occidentale si scontrano disastrosamente con una cultura retrograda e criminale che al meridione la rinnega. L’odio razziale al meridione può scaturire in atteggiamenti persecutori che sono la causa nascosta delle stragi familiari nei piccoli nuclei di immigrati. La stessa sorte tocca nel meridione troppo spesso alle donne vittima di discriminazione. Per questa ragione è indispensabile allo scopo di prevenire altre vittime garantire che chiunque lavora per le istituzioni riesca ad operare nell’esclusivo interesse della società civile senza lasciarsi influenzare dai propri interessi personali o familiari che inevitabilmente degenerano nella discriminazione. La cultura criminale del meridione impone esattamente al contrario che l’impiegato statale, ad esempio, assunto per raccomandazione, esegua prioritariamente gli ordini della famiglia o del personaggio influente che lo ha raccomandato ed agisca secondo le regole rigide della cultura retrograda del meridione: criminale ormai non solo per una mia interpretazione personale ma perché apertamente e direttamente in contrasto con gli interessi della società civile e con le regole del diritto. La cultura criminale del meridione ha diversi aspetti in comune con il fondamentalismo islamico: la chiusura mentale rispetto alle influenze esterne, la considerazione della donna ma soprattutto drasticamente la violenza per imporsi. Pur sussistendo una posizione di scontro assoluto con la comunità internazionale e lo stato di diritto non esiste ancora oggi nel meridione italiano lo stesso impegno internazionale che esiste contro i fondamentalisti islamici in medio oriente perché, a parer mio, si sottovaluta la pericolosità della criminalità organizzata italiana della quale non si contano le vittime ed i danni economici e sociali in tutto il mondo. La forte discrepanza che inasprisce gli scontri etnici è generazionale ed è costituita dalle posizioni concettualmente opposte tra la libera determinazione dell’individuo nella società civile che promette la democrazia occidentale con il diritto di proprietà sulla persona fisica da parte dei genitori provenienti da culture retrograde che ancora oggi è tollerato fin troppo in tutto il mondo ed è esteso a tutto l’arco della vita dell’individuo per i meridionali italiani arrivando ad includere la comproprietà di tutto il clan. Del resto l’ingerenza degli interessi personali nella vita lavorativa e la discriminazione degli individui deboli non riguardano più il solo meridione italiano ma tutta la nazione. Potremmo dire che, mentre l’Italia fatica a penetrare nelle zone culturalmente impervie del meridione, la cultura criminale della criminalità organizzata ha pervaso l’intera nazione incominciando disastrosamente dalla vita politica del paese e usa la nazione come terreno di passaggio per il mondo intero. 

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