lunedì 5 ottobre 2015

LO STATO SIAMO NOI

Quando la mentalità criminale di “Cosa nostra” entra in contatto con lo stato il loro nuovo motto diventa “Lo stato siamo noi”. Questa è in parole povere la filosofia criminale del colpo di stato che lentamente ha corroso le istituzioni. Alla base di questa filosofia criminale è sempre la solita convinzione che nell’uomo e nella società civile non ci sia niente di buono e per questa ragione tutto si deve ottenere per mezzo della prevaricazione. La sola manifestazione di buon senso o di merito entra in contrasto con questa scuola di pensiero che prende piede in Italia da decenni divenendo facilmente motivo di ritorsione. Il meritevole viene perseguitato come oggetto di invidia come la società civile farebbe con un criminale con la differenza che le punizioni non sono riconosciute in maniera formale ma compiute di nascosto anonimamente. La vittima deve cercare la causa delle proprie vessazioni indagando tra le persone definite “onorate” generalmente tra le più vicine alla sua cerchia familiare. Alla stessa maniera avvengono le estorsioni. Per questa ragione sono pochi che hanno la possibilità di denunciare. Nello stesso modo in cui vengono effettuate le estorsioni si commerciano illegalmente i posti pubblici e si agevolano le pratiche burocratiche. Quello che al meridione è ormai normale sta accadendo in tutta Italia. Il settore più gravemente infetto dalla mentalità criminale è la pubblica sicurezza. Considerare i tutori dell’ordine come membri onorevoli della società civile è segnale di buona educazione ma l’ipocrisia di non voler ammettere che il crimine organizzato ha già da molto tempo oltrepassato i confini delle caserme e delle questure gioca a vantaggio del colpo di stato che abbiamo subito esattamente ricalcando la mentalità criminale meridionale che nega la presenza di emergenze sul territorio. Le raccomandazioni decidono l’assegnazione dei posti di lavoro ormai in maniera spudorata e queste provengono sempre da gruppi di potere collaterali allo stato di diritto. Una volta occupato illecitamente un posto di lavoro di fondamentale importanza per la sicurezza nazionale, i mentecatti si limiteranno ad applicare l’educazione criminale che hanno ricevuto protraendo una vera e propria sfida morale allo stato di diritto. Saboteranno il lavoro altrui perché sistematicamente in contrasto con i loro interessi in un contesto di cultura criminale in cui tutti sono complici. Tenteranno di farsi notare il meno possibile e di lavorare quindi il meno possibile sbilanciandosi solo quando sono in gioco i loro interessi personali e soprattutto sfrutteranno tutte le occasioni per trarre informazioni sulle attività di inchiesta e concedere favori sulla base di quanto appreso per ottenere credito maggiore in un contesto criminale. Si riconoscono facilmente dalla loro abitudine ad infierire sulle vittime e generalmente su chiunque non si occupa dei propri interessi personali secondo le regole della criminalità tutelando i carnefici e contravvenendo ai loro doveri e a tutti i principi morali. I mentecatti non agiscono per via consona perché in contrasto con la loro cultura criminale e prediligono invece le vie traverse per concedere favoritismi o accanirsi sulle vittime, a loro giudizio colpevoli di non essersi saputi far rispettare. In questa maniera si viene a configurare la famosa “Zona d’ombra”.  

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